Gli editoriali dei grandi quotidiani di Buenos Aires
tendono a ricordare soprattutto che Néstor Kirchner,
l'ex presidente morto ieri, fu soprattutto un uomo
che polarizzò la società, che amò gestire il potere
e che, appassionato e passionale, è morto di e per
la politica. Questo è un ritratto scritto per El
Pais di
Madrid dal giornalista e scrittore Marcelo Figueras;
le sue parole aiutano a capire le ragioni della
simpatia di cui godeva Kirchner tra gli esponenti
della cultura progressista del Paese. Potete leggere
il testo in spagnolo qui
Néstor Kirchner è stato il primo presidente
democraticamente eletto che mi ha fatto sentire che
quello che avevo sempre considerato un sogno era
possibile. Chiudere con le amnistie e favorire il
processo dei genocidi. Mettere limiti al FMI.
Favorire una Corte di Giustizia davvero indipendente
e, dunque, il contrario della Corte el faraone
Menem. Kirchner ha valorizzato e ha collaborato con
le organizzazioni per i diritti umani. E' stato un
presidente che ha rispettato le proteste popolari,
ottenendo che una polizia orgogliosa obbedisse
l'ordine di non reprimere (i suoi immediati
predecessori, Duhalde e de la Rúa, se ne andarono
lasciando dietro di sé una serie di morti). Fino
alla presidenza di Kirchner, l'Argentina era
contagiata immediatamente da qualunque crisi
economica. Le ultime crisi si sono trovate per la
prima volta un'Argentina in salute.
Dire allora che in Argentina c'è un prima e un dopo
Kirchner è, dunque, semplicemente essere rispettosi
della verità. La sua morte è una perdita per
Latinoamérica in generale, ma prima di tutto per il
mio Paese. Spero sinceramente che il processo
iniziato continui a svilupparsi e perfezionarsi,
perché l'Argentina che in milioni sogniamo da tanti,
senza esclusioni né affamati, in cui i diritti di
tutti, specialmente dei deboli, siano rispettati,
sia ogni giorno più vicina. Ma non sono un ingenuo.
In questi giorni vedremo facce compunte di molti che
dentro sorridono mentre affilano le loro armi.
Kirchner è stato criticato per il suo stile di
confronto acceso, ma l'origine della lamentela è
trasparente: ci sono certi potenti che non erano
abituati a che gli mettessero limiti. Persino il più
semplice manuale culinario sa che non c'è modo di
fare una frittata senza rompere uova. Qualcuno ha
detto una volta che si può misurare un uomo per i
nemici che ha saputo guadagnarsi. Se non contassi su
un altro fatto evidente, mi basterebbe la lista dei
potenti antikirchneristas per
stabilire che la statura di quest'uomo deve essere
stato, e senza limitazioni, formidabile.
Nell'Argentina della repressione, quando qualcuno
voleva giustificare un sequestro o una scomparsa,
diceva: Qualcosa avrà fatto. Con Kirchner
bisognerebbe invertire questa frase di merda e dire:
Qualcosa (di buono) avrà fatto.
Diez
universidades de América Latina entre las 500
mejores del mundo
Brasil, con seis
instituciones en la lista, mantiene su lugar
hegemónico a nivel regional
Universidad de Chile
(Créditos: eleconomistaamerica.cl)
Diez universidades de
cuatro países de América Latina figuran entre
las 500 mejores del mundo, según la
clasificación de Shanghai publicada este
viernes, que confirma la supremacía de Estados
Unidos en la enseñanza superior.
Brasil, con seis instituciones en la lista,
mantiene su lugar hegemónico a nivel regional.
La Universidad de Sao Paulo es incluso la
única de América Latina listada entre las 150
mejores del mundo.
Las otras brasileñas mencionadas en el "Top 500"
de Shanghai son la Universidad Federal de
Minas Gerais, la Federal de Río de
Janeiro, la estatal de Sao Paulo, la estatal
de Campinas y la federal de Río Grande Do
Sul.
Mientras que Chile tiene dos universidades
entre las 500 mejores (la Católica y la U de
Chile), Argentina ostenta una sola, la Universidad
de Buenos Aires (UBA), pero mejor
calificada, en el rango de las 200 mejores,
donde también figura la Universidad Nacional
Autónoma de México (UNAM).
La edición 2014 de la clasificación
universitaria mundial no aporta mayores cambios
a la de 2013 y confirma la supremacía
norteamericana.
Harvard es la mejor universidad del mundo,
seguida por Stanford, el MIT y la Universidad
de California.
Gran Bretaña es el otro país que integra el
exclusivamente anglosajón club de las diez
mejores, con la Universidad de Cambridge (quinto
puesto mundial) y Oxford (noveno).
En Europa continental, el ETH de Zúrich (puesto
19), la Universidad Pierre y Marie Curie de
París (35) y la Universidad de Copenhague, que
desplaza a Paris-Sud en el lugar 39, son las
tres mejores de la región.
España tiene 12 Universidades entre las 500
mejores del mundo, pero una sola, la Universidad
de Barcelona, está en el grupo de las 200
mejores.
La Universidad de Tokyo (puesto 21) y la de
Kioto (26) son las mejor calificadas en Asia.
El índice de Shanghai se establece desde
2003 en la universidad Jiao Tong de Shanghai. Es
muy seguido en el mundo entero, pero también
objeto de críticas debido a su metodología.
Según los calificadores de
Jiao Tong, la lista se basa "en una serie de
indicadores objetivos e información suministrada
por terceros".
La calificación se centra sobre todo en la
investigación de ciencias exactas en detrimento
de la enseñanza, mucho más difícil de
cuantificar.
Entre los criterios que usa figuran el número de
premios Nobel que han obtenido los ex alumnos o
los investigadores, el número de medallas Fields
(equivalentes al Nobel en matemáticas), así como
el número de artículos publicados en revistas
exclusivamente anglosajonas como "Nature" y
"Science".
Se evalúan anualmente un total de 1.200
universidades de todo el mundo, pero sólo se
publica la lista de las 500 mejores.
Leer,más,en http://www.ultimasnoticias.com.ve/noticias/actualidad/mundo/diez-universidades-de-america-latina-entre-las-500.aspx#ixzz3CtgSTOpk
Mangiare quinoa, il cibo della salute, è davvero
sostenibile?
Conosciuta anche come “Il
seme d’oro degli Incas”, la
quinoa è
un alimento
ricco di benefici per la salute,
è versatile, leggera, ricca di proteine e di
altri nutrienti essenziali.
Il consumo di questo cereale, negli ultimi anni,
è aumentato drasticamente e, nel 2013, persino
la Fao ha
celebrato un anno dedicato allaquinoa,
considerato il cibo che può sradicare la fame,
la malnutrizione e la povertà. Ma la sua
diffusione su larga scala nel mercato
internazionale potrebbe non essere un beneficio
per tutti.
Quasi tutta la produzione
attuale di quinoa è in mano a piccoli
agricoltori e associazioni. Con più di 5mila
anni di storia alle spalle, questo alimento
sembra incarnare il paradigma della
biodiversità e della sovranità
alimentare, perché ha grandi proprietà
nutritive, perché ha sfamato popolazioni e
perché è una pianta particolarmente resistente,
con un’alta variabilità morfologica; inoltre, è
stata prodotta con pratiche sostenibili,
rispettose di ecosistemi fragili.
Non molto tempo fa, la quinoa era
un piccolo alimento sconosciuto facente parte
della cultura peruviana, molto difficile da
reperire in altri luoghi; fino a quando non sono
stati riscoperti i suoi alti valori nutritivi e
il suo basso contenuto di grassi.
Chi non mangia carne, ad esempio, consuma quinoa,
grazie al suo contenuto di proteine e di tutti
quegli aminoacidi essenziali per la salute.
Così, le vendite di questo alimento sono
decollate, facendolo entrare a pieno titolo nel
marketing mondiale degli alimenti salutari e
adatti a tutti, anche a vegetariani e vegani.
Questo decollo, però, ha portato a delle
conseguenze importanti, soprattutto per i
piccoli
produttori boliviani. Dal 2006 in
poi, infatti, come evidenzia il Guardian in un
vecchio articolo del 2013, il prezzo della quinoa è
aumentato vertiginosamente, fino a triplicare.
L’appetito e l’aumento della richiesta da parte
dei Paesi esteri
hanno
spinto i prezzi che le persone più povere del
Perù e della Bolivia, per i quali una volta la quinoa era
una vera e propria manna nutrizionale, non
possono più permettersi di mangiarla.
Negli ultimi 20 anni, ad esempio, in Bolivia
(che è il primo produttore a livello mondiale),
l’area destinata alla coltura della quinoa è
passata da 10.000 a 50.000 ettari. Attualmente,
il 90% della produzione è destinato
all’esportazione. Così, sul mercato boliviano il
suo prezzo è diventato quattro volte superiore
rispetto a quello del riso o di altri cereali.
A Lima, si legge sul Guardian,
la quinoa costa
più del pollo. Non solo, la crescita di domanda
mondiale ha portato a trasformare terreni
precedentemente interessati in colture diverse,
a essere coltivati esclusivamente per produrre
quinoa.
Secondo la Fao,
“il boom
di quinoa, inoltre, pone alcune sfide, tra
cui il degrado del territorio e la riduzione
delle varietà coltivate. Più del 50% degli
agricoltori definisce il terreno più povero
rispetto a tre anni fa. Questo ha un impatto su
altre attività agricole, per esempio, il
rapporto tra numero di lama ed ettari coltivati
è diminuito negli ultimi anni. Inoltre, solo
tre varietà ricoprono oltre il 75% dell’intera
produzione, perché sono i più richiesti dal
settore delle esportazioni. Questa riduzione di
varietà coltivate è associata ad una riduzione
della biodiversità”.
Involontariamente quindi la scelta di alcuni
consumatori di premiare la salute e le buone
intenzioni etiche hanno portato a danneggiare
la sicurezza
alimentare del Paese produttore di
questo alimento.
Se una parte della popolazione mondiale, la più
debole, è costretta a ripiegare su altri cereali
più convenienti, come il mais o il riso, perché
non può più permettersi il prodotto tipico
locale che prima la sfamava, è necessario
iniziare a porsi qualche domanda.
Se la quinoa è
un alimento che è stato celebrato per la sua
possibilità di sfamare il mondo e ridurre i casi
di malnutrizione, è necessario assicurarsi che
sia accessibile a tutti, soprattutto alla
popolazione locale che ne ha bisogno. Fuori
quindi dagli schemi di mercato che stanno
trasformando questo alimento in un “lusso”.
Come evidenziato da Slow Food,
“La speranza è che i tanti incontri con i
rappresentanti degli stati produttori portino a
riflettere su questi aspetti delicati e
problematici, sul tema del prezzo, sul rischio
di trasformare un prodotto sostenibile
nell’ennesima commodity coltivata in grandi
appezzamenti. La speranza è che davvero la
quinoa possa contribuire a diminuire il tasso di
denutrizione nazionale e che i governi degli
stati produttori la inseriscano su vasta scala
nelle mense scolastiche e la rendano accessibile
alle fasce più deboli della popolazione. Solo
così si potrà parlare di un prodotto davvero
buono, pulito e giusto”.
(Foto: Francisca Ulloa)
En Bolivia piden vender
energía a la Argentina a precio del gas
El planteamiento se debe
a que el ministro de Hidrocarburos y Energía
informó que el 15 de este mes, técnicos de alto
nivel de los gobiernos de Argentina y Bolivia
tendrán una reunión, en la que se hablará de los
precios de exportación de electricidad a ese
país.
Según la autoridad, en la
actualidad la oferta de energía eléctrica en el
país es de unos 1.500 MW y la demanda está
alrededor de los 1.200 MW.
Expertos en energía
sugieren que el precio de exportación de
electricidad a la Argentina sea similar al del
gas que se comercializa al vecino país. Además,
consideran que para vender el producto a otros
mercados como Brasil y Perú se deberían
construir plantas en las fronteras.
El planteamiento de los
expertos se debe a que el ministro de
Hidrocarburos y Energía, Juan José Sosa, informó
que el 15 de este mes, técnicos de alto nivel de
los gobiernos de Argentina y Bolivia tendrán una
reunión, en la que se hablará de los precios de
exportación de electricidad a ese país y de las
inversiones que deben realizar ambas partes en
sus territorios para interconectarse.
El domingo, en el programa
El pueblo es noticia, que se difunde por medios
estatales, Sosa informó que Bolivia está en
capacidad de vender este año a la Argentina 100
megavatios (MW) de energía eléctrica por día e
incrementar paulatinamente la potencia a medida
que entren en operaciones otros proyectos.
Ante estos anuncios, el
experto en estos temas y exgerente interino de
la Empresa Nacional de Electricidad (Ende),
Nelson Caballero, indicó a La Razón que el
precio de exportación de energía eléctrica debe
ser similar al del gas natural.
Para argumentar su
propuesta, Caballero explicó que los precios de
electricidad en Bolivia están subsidiados porque
las empresas generadoras de electricidad le
compran gas natural —a precios subsidiados— y de
manera directa a la estatal Yacimientos
Petrolíferos Fiscales Bolivianos (YPFB) para
producir electricidad.
“En tarifas de
electricidad, un parámetro importante es el
precio del gas; para el sector eléctrico (en
Bolivia) el precio del gas está subsidiado,
entonces para temas de exportación (de energía
eléctrica) obviamente hay que tomar en cuenta el
gas de exportación, no el subsidiado”, manifestó
el exgerente interino de ENDE.
Caballero añadió que es
necesario que se tome en cuenta el precio del
gas de exportación para que sea equivalente la
venta de electricidad. “No tendría sentido si
uno va a tomar un precio más bajo, sino sería
mejor vender gas nomás, pero si uno va a tomar
en cuenta el gas de exportación, ahí sí vale la
pena pensar en la exportación de electricidad”.
Datos de YPFB publicados en el Programa de
Inversiones 2014, y difundidos en enero en un
seminario, indican que el precio del gas de
exportación a Argentina será en promedio US$10
el millar de BTU (Unidad Térmica Británica por
sus siglas en inglés).
El 29 de abril de 2014, en
la inspección al avance de las obras de la
Termoeléctrica del Sur, ubicada en Yacuiba,
Tarija, el ministro Sosa adelantó que el precio
referencial de exportación de energía eléctrica
estaría por encima de US$120 el kilovatio hora
(KWh).
Generación. El 2 de
enero de este año, en la inauguración del parque
elólico en Collpana, Cochabamba, el titular de
Hidrocarburos informó que el 65% de la energía
eléctrica en Bolivia es generado por
termoeléctricas, en cuyo proceso de obtención de
electricidad se quema gas natural, y que el
restante 35% viene de las hidroeléctricas. Se
planea revertir esos porcentajes a futuro con
otros proyectos.
El presidente del Colegio
de Electrónicos y Electricistas de Bolivia,
Jaime Jiménez, consideró que es factible vender
a la Argentina en este momento porque la
Termoeléctrica del Sur se encuentra muy cerca de
la frontera con ese país. “La ubicación
estratégica ayuda mucho a esa venta”, manifestó
el profesional a este medio.
Jiménez añadió que para
exportar energía eléctrica a Brasil y Perú, el
gobierno debería invertir en la construcción de
plantas generadoras de electricidad en
poblaciones cercanas o fronterizas con esos
países.
La Termoeléctrica del Sur
de Tarija generará 160 megavatios (MW) en su
fase I; en la segunda, otros 160 MW; y 160 en la
tercera, porque se aprovechará el calor de los
caños de escape de las turbinas de la fase I y
II. “Con el vapor llegaremos al 50% de los 320
MW y alcanzaremos los 480 MW”, indicó el
ministro Sosa el 3 de septiembre.
Según la autoridad, en la
actualidad la oferta de energía eléctrica en el
país es de unos 1.500 MW y la demanda está
alrededor de los 1.200 MW. Vale decir que el
excedente o reserva llega al 20% (300 MW). Hasta
2020 se prevé tener una potencia de 3.000 MW con
la ejecución de proyectos y una demanda de 2.000
MW, lo que arrojaría un excedente de 1.000 MW.
Mercados con crisis
energética
Necesidad
El 19 de enero de este año,
en el programa El pueblo es noticia, difundido
por los medios de comunicación estatales, el
presidente Evo Morales señaló, sin mencionar
nombres, que hay países vecinos con crisis
energética a los cuales se podría exportar entre
100 y 200 megavatios (MW) de energía eléctrica,
lo que podría traer ingresos para Bolivia.
Joan
Manuel Serrat es nombrado Persona del Año de la
Academia Latina
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El nombramiento será
acompañado de un show donde estrellas de la
canción latina homenajearán al artista catalán
el próximo 19 de noviembre en Las Vega.
El cantante y compositor
español Joan Manuel Serrat, fue reconocido como
la Persona del Año 2014 por La Academia Latina
de la Grabación, la misma que escoge y otorga
los premios Grammy en español.
"Su profunda y brillante
estilo de composición, su poesía tanto en
español y catalán, su estilo lírico aunado a su
único y magnífico talento convierten a Joan
Manuel Serrat en una figura musical atesorada y
de leyenda", señaló Gabriel Abaroa Jr.,
Presidente de la Academia Latina de la
Grabación."A través de su talento, arte, pasión
y dedicación a su oficio, su obra ha llegado a
sus admiradores por el mundo. Es un privilegio
poder reconocer a un hombre con una carrera tan
ilustre y socialmente consciente, y esperamos
ansiosamente esta celebración a su creatividad y
legado", agrega el comunicado.
Elogiado por sus logros
artísticos y sociales, así como por sus
contribuciones a la cultura Ibero-Americana por
la entidad, Serrat será homenajeado con una
celebración estelar con otros cantantes y
estrellas de la música en español el próximo
miércoles 19 de noviembre en el Mandalay Bay
Convention Center de Las Vegas.
En la sesión sonarán
clásicos del cancionero de Serrat interpretados
por invitados especiales y se vivirá la previa
de la entrega de premios Grammy Latinos el día
20.
El caballero azul grana
Nacido en Barcelona,
España, Serrat comenzó a incursionar en la
música cuando era adolescente y rápidamente
desarrolló el deseo de escribir y cantar. En
1965, mientras cantaba en el programa de radio
español Radioscopio, Serrat aseguró su primer
contrato discográfico.
Como parte de una
generación de artistas políticamente abiertos,
Serrat es conocido por sus fuerte postura
política que lo llevó a negarse a seguir las
órdenes del dictador Francisco Franco de
interpretar una canción en español, en lugar de
su versión original en catalán durante el
Festival de Eurovisión en 1968.
Como la Persona del Año
2014 de la Academia Latina de la Grabación,
Serrat se une a la lista de homenajeados
en la que figuran Miguel Bosé, Plácido Domingo,
Gloria Estefan, Gilberto Gil, Juan Luis Guerra,
Carlos Santana, Shakira y Caetano Veloso, entre
otros.
Chile
evalúa recibir a presos de Guantánamo
Varios parlamentarios
expresaron su rechazo a la posibilidad de que el
gobierno de la presidenta Michelle Bachelet
reciba en Chile a presos provenientes desde la
cárcel de Guantánamo.
El presidente
estadounidense, Barack Obama, solicitó al
gobierno chileno y a otros latinoamericanos que
reciba algunos detenidos en esa base.
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El gobierno de Chile evalúa
la posibilidad de acoger a presos recluidos en
la cárcel de la base militar estadounidense de
Guantánamo, Cuba.
"En nuestro país se está
realizando un proceso de evaluación de esta
solicitud norteamericana", aseguró este lunes el
director jurídico de la Cancillería chilena,
Claudio Troncoso.
El presidente
estadounidense, Barack Obama, solicitó al
gobierno chileno y a otros latinoamericanos que
reciba algunos detenidos en esa base después del
ataque terrorista a las Torres Gemelas de Nueva
York y la invasión de Estados Unidos a Irak. En
América Latina, sólo Uruguay ha aceptado recibir
a seis presos.
En esa base militar,
ocupada por Estados Unidos, hay 149 presos de
distintos países del Medio Oriente, quienes
llevan años sin que se les juzgue por sus
supuestos crímenes.
Previamente, varios
parlamentarios expresaron su rechazo a la
posibilidad de que el gobierno de la presidenta
Michelle Bachelet reciba en Chile a presos
provenientes desde la cárcel de Guantánamo.
El senador opositor de la
Unión Demócrata Independiente (UDI), Iván
Moreira, y el diputado del oficialista Partido
por la Democracia (PPD), Jorge Tarud, dijeron
que sería "altamente inconveniente y de alto
riesgo" que se acepte la solicitud de
Washington.
Ambos coincidieron en que
si se acepta esta solicitud, podría tener
efectos colaterales a ser reos vinculados a
delitos terroristas, que han estado incluso
involucrados, por ejemplo, en el atentado a las
Torres Gemelas, en Nueva York.
Moreira precisó que "Chile
no debe hacerse cargo de una promesa de campaña
del presidente (Barack) Obama. Es impresentable
y espero que el gobierno lo descarte
definitivamente".
Por su parte, el presidente
del Partido Comunista, Guillermo Teillier,
declaró este martes que acoger presos de
Guantánamo es ser cómplices de torturas de
Estados Unidos.
"Después de diez o más años
de tener a esas personas secuestradas y
torturadas, y ahora que son inocentes piden a
una serie de países que los acojan, si los
recibimos, seríamos cómplices de todas las
atrocidades, de los secuestros y torturas que
comete a diario Estados Unidos", explicó.
No obstante, aclaró que si
existe una solicitud de los propios presos o de
sus familiares para ser recibidos en Chile, se
estaría en condiciones de discutir y acoger la
petición humanitaria. "En caso de razones
humanitarias, nosotros estamos dispuestos a
acogerlos".
Teillier agregó que "los
presos que se encuentran en Guantánamo han sido
víctimas de violaciones atroces de sus derechos
humanos por parte de Estados Unidos. Si la
solicitud que realiza ese país es una
imposición, nosotros la rechazamos".
Colombia
Desde diciembre Avianca tendrá vuelos diarios
entre Bogotá y Barcelona
La aerolínea colombiana
eleva así de cuatro a siete sus frecuencias
semanales entre ambas ciudades.
Según Avianca, "con la
nueva oferta de vuelos, los viajeros tendrán a
su disponibilidad 3.528 sillas semanales entre
Bogotá y Barcelona".
La aerolínea colombiana
Avianca anunció este martes que a partir del
próximo 18 de diciembre ofrecerá un vuelo diario
entre Bogotá y Barcelona (España), con lo que
eleva de cuatro a siete sus frecuencias
semanales entre ambas ciudades.
"El incremento de
frecuencias en la ruta Bogotá-Barcelona-Bogotá
hace parte del plan de fortalecimiento de la red
de rutas que viene adelantando la aerolínea
desde y hacia puntos en Europa", detalló la
compañía aérea en un comunicado.
Según Avianca, "con la
nueva oferta de vuelos, los viajeros tendrán a
su disponibilidad 3.528 sillas semanales entre
Bogotá y Barcelona".
Esta ruta entre los
aeropuertos Eldorado de Bogotá y El Prat de
Barcelona será operada con aeronaves Airbus
A330, con capacidad para 252 pasajeros.
Colombia
Presidente colombiano destaca iniciativa "Soy
capaz" que busca la reconciliación
Juan Manuel Santos
afirmó que la iniciativa "Soy capaz" ayuda a la
reflexión y para que las personas conozcan la
importancia del perdón.
El gobierno del presidente
Santos inició a finales de 2012 un proceso de
paz con las FARC.
El presidente colombiano,
Juan Manuel Santos, destacó la campaña "Soy
capaz" creada por sectores sociales y medios de
comunicación del país sudamericano, iniciativa
que busca la reconciliación entre las personas.
"Yo pienso que esta
campaña, que además aplaudo y felicito a todos
los que han venido organizando y participando de
la campaña, es una gran iniciativa, una
iniciativa espontánea del sector privado, de la
ciudadanía. Por eso una de las cosas que tengo
que hacer es que soy capaz de esperar a que esto
madure y después del Gobierno se une a la
campaña", sostuvo Santos.
Navegador Semántico
Entidades Mencionadas
Fuerzas
Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC)
Personas Mencionadas
"Entonces por ahora lo que
quiero hacer es aplaudir, decir lo importante
que es que las sociedades, que las comunidades,
tengan ese tipo de iniciativas. Esta de 'Soy
capaz' me pareció muy acertada. Estoy seguro de
que le va a dar la vuelta al mundo, porque es
una iniciativa muy ingeniosa además", añadió.
Las declaraciones del
presidente Santos fueron hechas durante un
programa en un canal estatal.
El jefe de Estado afirmó
que la iniciativa "Soy capaz" ayuda a la
reflexión y para que las personas conozcan la
importancia del perdón.
"Yo no me canso de repetir
que nosotros nos acostumbramos a la guerra. Lo
que hemos descubierto, eso lo descubrimos
recientemente, que es algo inverosímil, es que
mucha gente le tiene miedo al cambio, le tiene
miedo a dar el paso hacia la paz", aseveró.
"Por eso concientizar a la
gente de que somos capaces de perdonar, somos
capaces de cambiar, somos capaces de ver la vida
otra forma, somos capaces de respetar las
diferencias, somos capaces de convivir con
quienes no están de acuerdo con nosotros, todo
eso es algo que poco a poco tenemos que ir
alimentando en el subconsciente de todos los
colombianos. Eso nos va a facilitar dar ese
paso, esa transición hacia la paz", puntualizó.
El gobierno del presidente
Santos inició a finales de 2012 un proceso de
paz con la guerrilla de las Fuerzas Armadas
Revolucionarias de Colombia (FARC). Las
negociaciones de paz se realizan en La Habana,
Cuba.
Analistas: una posible victoria de
Silva en Brasil genera dudas en Uruguay
Marina Silva ha sacado a
relucir la cuestión económica y pide mayor
apertura comercial para Brasil como forma de
salir del estancamiento.
En su programa de gobierno,
Silva delinea los puntos centrales de su
política de comercio exterior, sin mayores
detalles.
Brasil está viviendo una de
las campañas electorales más particulares de su
historia. Con una economía en recesión, con un
crecimiento marginal de su patrimonio desde hace
más de tres años, de repente vio cómo una
candidata salía del fondo de su casa –tras la
muerte de Eduardo Campos– para liderar las
encuestas frente a la presidenta Dilma Rousseff,
quien busca su reelección.
Marina Silva ha sacado a
relucir la cuestión económica y pide mayor
apertura comercial para Brasil como forma de
salir del estancamiento, una intención que, sin
embargo, no genera mayor confianza entre los
expertos. La abanderada por la oposición es una
incógnita en ese sentido, aseguran, por más que
cuente con el respaldo de los mercados y se
presente como una alternativa ante la desgastada
Dilma y el Partido de los Trabajadores (PT).
Por ejemplo, el real
brasileño apunta a debilitarse en 2015 por las
perspectivas de tasas de interés más altas en
Estados Unidos, pero la creciente probabilidad
de una victoria de Silva en las elecciones
podría suavizar la depreciación de la moneda,
según un sondeo de Reuters.
“Con Lula y Dilma hemos
tenido una muy buena relación, con bastante
acercamiento. No se han conseguido muchas cosas,
pero al menos ha habido buen diálogo. Esperemos
que sea igual (si gana Marina Silva), pero habrá
que ver cuál será su política sobre el
relacionamiento internacional. Si bien no vemos
nada negativo ahora, hay cierto grado de
incógnita, porque no ha sido muy clara en
planteos específicos de política exterior”, dijo
a El Observador, Álvaro Queijo, presidente de la
Unión de Exportadores (UEU) y gerente general de
CristalPet, firma que comercializa plásticos con
Brasil.
En su programa de gobierno,
Silva delinea los puntos centrales de su
política de comercio exterior, sin mayores
detalles. Entre ellas, habla de ampliar los
horizontes de integración productiva y de
comercio con América del Sur en general, no solo
con el Mercosur; de potenciar la
internacionalización de las empresas brasileñas
y acercarlas a las cadenas globales de
producción; y de actuar activamente en la
formación de acuerdos comerciales que incluyan
los principales bloques comerciales del mundo,
como Estados Unidos, Europa y Asia, para
facilitar las importaciones y abrir mercado de
exportación.
La exministra de Lula, que
renunció en su momento por discrepancias en
torno a las políticas medioambientalistas del
PT, también propone una reforma tributaria, una
reforma agraria, propuestas para reducir la
inflación –6,51% en agosto, sobre el límite del
rango–, y llama a fortalecer la industria y a
acometer obras de infraestructura, “un tema
prioritario y una de las cuestiones que han
opacado el crecimiento económico brasileño”,
según el programa de gobierno de Silva. Brasil
prevé crecer entre el 2,5% y el 3% este año, lo
que significaría una mejora con respecto a los
años anteriores, pero lejos de la expansión
registrada, de 7,5%, en 2010.
El crecimiento de la
economía brasileña solo fue de 2,7% en 2011 y de
0,9 % el año pasado. La tasa de desempleo sigue
cercana a mínimos históricos, en torno al 5%,
algo que Dilma recuerda con asiduidad como uno
de los éxitos de los 12 años que lleva el PT en
el poder. De cualquier modo, se están perdiendo
empleos: la construcción civil, que creó un
promedio de 200 mil empleos por año desde 2010 a
2013, ha agregado apenas 18 mil empleos netos en
los últimos 12 meses, a medida que los grandes
desarrolladores del país disminuyen los nuevos
proyectos debido a la débil
demanda.FriccionesDurante el debate televisivo
que tuvo lugar la semana pasada, la economía se
llevó la mayor parte de los minutos, donde se
registraron encontronazos entre Rousseff y
Silva.
Allí la presidenta acusó a
su contrincante de plantear una política
económica que generaría desempleo y subrayó que
Silva no ha presentado planes para apoyar la
política que propugna, que contemplaría una
elevación del gasto público en salud y
educación. En otra oportunidad, la líder del PT
dijo estar “muy preocupada” por sus propuestas
para la industria, porque podrían significar
despidos masivos si hay una mayor apertura
comercial de Brasil.
El analista económico
Marcel Vaillant dijo a El Observador que esa
supuesta apertura comercial de Brasil será
difícil de ver en un país que primero debe
resolver urgentes problemas internos, que ha
desechado mejorar el Mercosur y que se ha
aislado del mundo. “El Mercosur es
intrascendente para Brasil, más que para
cualquiera”, indicó el asesor del Partido
Independiente. “Lo que se sabe es que Marina”,
continuó Queijo, titular de la UEU, “es una
defensora de medioambiente y, por lo tanto,
quizá aliente algún tipo de industria de que
cuide el medioambiente”. Pero no está seguro que
esa apertura comercial lleve más intercambio con
Uruguay.Vaillant habla de una situación política
“rara”, con la incursión de Silva en la campaña
electoral, que se suma a la peculiaridad de la
política brasileña. “Brasil siempre ha
funcionado en un esquema de coalición de
partidos. Eso da una cuestión muy peculiar y
Marina puede coaligar para cualquier lado”,
dijo. Respecto a lo que pueda venir en el futuro
próximo, dijo que sería “temerario” brindar un
análisis y señaló que, a priori, un gobierno de
Silva genera “incertidumbre”.
Intención de voto por el
conglomerado oficialista uruguayo sube levemente
En caso de que hubiera
balotaje entre el ex presidente Tabaré Vázquez y
Lacalle Pou en noviembre, 48% de los encuestados
respondió que votaría al candidato por el FA,
44% respondió que elegiría al candidato del PN y
8% se encuentra indeciso.
En agosto, el partido
liderado por Tabaré Vázquez presentó 42% de
intención de voto.
El Frente Amplio (FA) -el
conglomerado oficialista uruguayo- frenó la
caída en intención de voto que sufrió desde
enero de este año, período durante el cual pasó
de tener 44% de encuestados que los votarían, a
41% en julio, según registró Opción Consultores.
En agosto, el partido liderado por Tabaré
Vázquez presentó 42% de intención de voto,
aumentando un punto desde la encuesta anterior,
realizada en julio.
Por su parte, Luis Lacalle
Pou, candidato del Partido Nacional (PN), sigue
registrando aumentos en la intención de voto de
los encuestados, pasando de 32% en julio, a 33%
en agosto.
El candidato por el Partido
Colorado (PC), Pedro Bordaberry, presentó un
descenso de tres puntos en la intención de voto
para su partido, y pasó de 14% en julio a 11% en
agosto.
El Partido Independiente
presentó un aumento de un punto entre julio y
agosto, pasando de 2% en la intención de voto
para su partido a 3%.
Según la encuesta, 1% de
los encuestados respondió que votaría a otros
partidos, 7% votaría en blanco o anulado y 3%
respondió que aún no sabe.
En caso de que hubiera
balotaje entre Tabaré Vázquez y Lacalle Pou en
noviembre, 48% de los encuestados respondió que
votaría al candidato por el FA, 44% respondió
que elegiría al candidato del PN y 8% se
encuentra indeciso.
En el caso de que el
balotaje se diera entre Tabaré Vázquez y Pedro
Bordaberry, las chances para el candidato por el
FA aumentan, con 51% en la intención de voto,
mientras que el candidato por el PC registró
37%.
Primeras cinco estaciones
de la Línea 2 del Metro de Lima se entregarán el
2016
Así lo sostuvo el
ministro de Transportes y Comunicaciones, José
Gallardo, junto con agregar que este viernes 19
de septiembre se dará inicio a la construcción
de las obras.
Recordó que el objetivo del
sector es su funcionamiento total para el 2019,
año en que los Juegos Panamericanos se
realizarán en el Perú.
Lima. El ministro de
Transportes y Comunicaciones, José Gallardo,
anunció hoy que las primeras cinco estaciones de
la Línea 2 del Metro de Lima, que unirá Ate con
El Callao, serán entregadas el 2016.
Agregó que el viernes 19 de
setiembre se dará inicio a la construcción de
las obras y se colocará la primera piedra en el
patio taller del distrito de Santa Anita.
"Lo que tenemos ahora como
meta es empezar con las obras. Ese día (19 de
setiembre) vamos a colocar la primera piedra,
para marcar el primer hito en el 2016, con cinco
estaciones entregadas al servicio de la
población", afirmó.
Recordó que el objetivo del
sector es su funcionamiento total para el 2019,
año en que los Juegos Panamericanos se
realizarán en el Perú, y por lo cual, va tomar
tiempo tenerla lista y de manera no solo
completa, sino óptima.
"La obras comienza ya, y
con el concesionario tenemos un par de adendas,
que están yendo por cuerdas separadas. La adenda
operativa va estar resuelta más pronto; la
adenda financiera, va tomar solo un poco más de
tiempo", expresó.
La semana pasada, Gallardo
adelantó que tenían como compromiso iniciar
estas obras del primer subterráneo del Perú (que
recorrerá 13 distritos, con un ramal hacia el
Aeropuerto Internacional Jorge Chávez),
precisamente en la quincena de este mes.
El ministro brindó estas
declaraciones durante su participación en la
ceremonia de inauguración del IV Congreso
Regional IRF, Latinoamericano de Carreteras, que
culminará el miércoles 10 de setiembre.
Reiteró que para el
Gobierno del Perú el avance y crecimiento de la
infraestructura vial es un tema esencial en su
visión de desarrollo.
Turismo en el Perú crecerá
más que en la región en próximos diez años
PerúEl presidente y director ejecutivo
del WTTC, David Scowsill, señaló que el
crecimiento de la clase media en el Perú y en la
región favorece el dinamismo del turismo en
América Latina.
Manifestó que las
perspectivas de crecimiento del turismo en
Latinoamérica son muy buenas y la región tiene
que prepararse para la recepción de un mayor
número de visitantes.
Lima. El turismo en
Perú crecerá 6,1% anual en los próximos diez
años y mostrará un mayor dinamismo que el
promedio la región que se expandirá a un ritmo
de 4%, proyectó el Consejo Mundial de Viajes y
Turismo (WTTC, por sus siglas en inglés).
El presidente y director
ejecutivo del WTTC, David Scowsill, señaló que
el crecimiento de la clase media en el Perú y en
la región favorece el dinamismo del turismo en
América Latina.
"Quizá la mayor influencia
que estamos viendo en el crecimiento turístico
en Latinoamérica proviene de todas estas
personas que se incorporan a la clase media y
empiezan a viajar", indicó en declaraciones a la
agencia Andina.
Manifestó que las
perspectivas de crecimiento del turismo en
Latinoamérica son muy buenas y la región tiene
que prepararse para la recepción de un mayor
número de visitantes.
Señaló que hasta el año
pasado el turismo generó 17 millones de puertos
de trabajo en la región, de los cuales 1,1
millones se crearon en el Perú.
En tanto que la ministra de
Comercio Exterior y Turismo (Mincetur), Magali
Silva, refirió que, de esta manera, en los
próximos diez años el turismo en el Perú se
expandiría a un ritmo de crecimiento similar al
del Producto Bruto Interno (PBI) potencial del
país.
Destacó, asimismo, que el
turismo en el Perú crecería por encima del
promedio de la región, debido a que otros países
vecinos tienen un mayor nivel de desarrollo
turístico, como México, Brasil y Argentina.
"El Perú, tal vez junto a
Colombia, somos de los países que recién estamos
despertando al crecimiento del turismo en la
región, en el caso del Perú haciendo justicia a
los recursos arqueológicos que tenemos, entre
otros atractivos", sostuvo.
Añadió que debido a la
falta de desarrollo de una infraestructura
adecuada no se ha logrado un mayor flujo de
visitantes.
De otro lado, Scowsill
anotó que los más importantes ejecutivos y
expertos del turismo mundial se darán cita en
Lima, ciudad que será la sede de la Cumbre de
las Américas 2014 del WTTC, del 10 al 12 de
setiembre.
Esta cumbre regional
reafirmará el posicionamiento de la ciudad de
Lima como centro de grandes eventos
internacionales.
Participarán directores
ejecutivos de cadenas hoteleras globales y
regionales, aerolíneas líderes a escala mundial,
tour operadores y líderes de opinión.
Durante un día y medio de
conferencias y entrevistas, los líderes del
sector turismo y ministros de gobierno de toda
América se reunirán con los principales
ejecutivos de los sectores público y privado,
además de organizaciones no gubernamentales,
líderes de opinión, académicos y medios de
comunicación, para discutir los retos más
apremiantes que enfrenta la industria en las
Américas.
Scowsill mencionó,
finalmente, que, coincidentemente, el evento se
realizará en paralelo a la feria gastronómica
Mistura, que también cobrado relevancia en el
mundo.Silva apuntó, por su parte, que un
seminario como el que se inicia mañana da la
oportunidad de mostrar el país como un potencial
turístico importante."En el marco de este
seminario le diría a los inversionistas que el
Perú es un país con un importante potencial
turístico y que se animen a invertir que los
está esperando", dijo.
Gobierno de Venezuela
anuncia "sacudón" en el ministerio de Educación
El ministro del área,
Héctor Rodríguez, afirmó que "el Ministerio que
tenemos no sirve, hay que sacudirlo
completamente con madurez política".
Rodríguez discutió con los
jefes de las zonas educativas el inicio del año
escolar 2014-2015.
Durante la reunión
celebrada este martes con los jefes de las zonas
educativas, el ministro para la Educación,
Héctor Rodríguez, informó de la necesidad
urgente de reformar esta cartera, por lo que
anunció que, en las próximas semanas, el
ministerio de será objeto de un "sacudón".
"El Ministerio hay que
seguirlo transformando, el Ministerio que
tenemos no sirve, hay que sacudirlo
completamente con madurez política porque
cualquier decisión premeditada puede generar un
descalabro en la educación de nuestro hijos e
hijas", puntualizó Rodríguez, destacando que la
cartera que preside se ha planteado la tarea de
"hacer un país" situación que, a juicio del
ministro, no se puede llegar con la
infraestructura actual dentro de dicho
ministerio.
Rodríguez discutió con los
jefes de las zonas educativas el inicio del año
escolar 2014-2015. En este sentido, insistió a
los maestros en la necesidad de reorganizarse
para eliminar debilidades, además de la puesta
en práctica de un proceso interno de reflexión.
Disordini in Venezuela
alessandra_riccio febbraio 20, 2014 Il quotidiano di Caracas El Nacional, intitolava nei giorni scorsi il suo editoriale "Cubanos go home" e dava la notizia che un contingente di "fucilieri", addestrati a reprimere le manifestazioni di piazza "una specialità nella quale hanno dato prova di grande efficacia e crudeltà", era partito dall’Avana con destinazione Caracas. Davvero una notizia sballata visto che a Cuba nei più di cinquanta anni di governo "castrista", le manifestazioni di piazza represse da corpi speciali o no, non si sono mai viste. Comunque, la notizia serve ad acuire le tensioni che stanno attraversando il Venezuela nell’ultima settimana. A tanta distanza, non è facile capire come stanno veramente le cose, e non aiutano certo le documentazioni fotografiche sulle quali ormai sappiamo bene quanto sia facile falsificarle.Il sito di Rebelión (http://www.rebelion.
org/noticia.) dà conto di una serie di foto attribuite agli attuali disordini in Venezuela che invece sono state prese in tempi diversi in Siria, in Egitto, in Spagna e in Cile. E’ davvero utile dargli un’occhiata per capire che oggi come oggi non possiamo neanche più credere a quel che vedono i nostri occhi. Le notizie più recenti ci informano che Obama ha fatto appello al governo di Maduro perché rilasci tutte le persone detenute a seguito delle manifestazioni antigovernative di questa settimana. In quel "tutti", immagino sia compreso il capo delle sommosse Leopoldo López, che si è appena consegnato alle autorità in una scenografia ben costruita, vestito di bianco e con un fiore in mano, accompagnato dai suoi seguaci e mostrandosi piangente nel momento del suo arresto. Non sembra la stessa persona che, durante il golpe contro Chávez del 2002, aveva fatto irruzione nella casa del ministro degli Interni e della Giustizia, Ramón Rodríguez Chacín, di sua moglie e dei sui figli di sei e nove anni e li aveva esposti alla rabbia popolare, arrestando il ministro ormai ridotto in cattive condizioni. In quell’epoca, López era ormai tornato dagli Stati Uniti dove la sua famiglia gli aveva consentito un’istruzione di primo ordine nell’esclusivo Kenyon College, molto stimato dalla CIA per come educa i suoi studenti. Ha poi frequentato la Kennedy School of Governement presso l’Università di Harvard. Tornato in patria, López entra in politica nel movimento Primero Justicia, oggi guidato da Henrique Capriles, sfidante di Maduro nelle ultime elezioni e oggi contrario ala politica avventuristica di Leopoldo López. Ha poi partecipato al golpe contro Chávez del 2002, si è fatto notare durante le proteste del 2004 nel Chacao di cui era sindaco e ha poi fondato un suo movimento, Voluntad Popular, e promuove le "Redes Populares", finanziate dalla USAID. Il Tribunale Supremo di Giustizia lo ha condannato a sei anni di proibizione di occupare incarichi di elezione popolare dopo che si era liberato delle imputazioni che gli erano toccate per il caso del Ministro della Giustizia, grazie a un indulto concesso da Chávez.Oggi López, che ha guidato le violente manifestazioni dei giorni scorsi, si è consegnato alla giustizia dopo averlo annunciato in un video e facendosi ritrarre di bianco vestito, con un fiore in mano e le lacrime agli occhi.
Articolo di Alessandra Riccio
L’Ambasciata degli Stati Uniti in Brasile e i medici cubani
,Ormai è una realtà. Circa 6.000 medici di Cuba prestano cure sanitarie a intere popolazioni degli stati del nord e del nordest del Brasile, che vivono in condizioni di isolamento e di estrema povertà. Su questo, fino ad ora, non abbiamo letto un solo reportage nella grande stampa brasiliana e internazionale.Invece è stata notizia in decine di media di tutto il mondolo show organizzato da una sola persona, la dottoressa cubana Ramona Rodríguez Matos che, durante una conferenza stampa, ha annunciato che abbandonava il suo posto perché era stata "ingannata" dal suo governo.Bisogna ricordare che Cuba, il Brasile e l’Organizzazione Panamericana della Salute hanno firmato un accordo per integrare i medici dell’isola nel programma "Mais médicos", una iniziativa del Governo di Dilma Rousseff per portare servizi di salute nelle aree storicamente abbandonate. In virtù di questi accordi, secondo alcuni media, i cooperanti avrebbero ricevuto fra un 25 e un 40% del totale pagato dal Brasile. Il resto sarebbe stato amministrato dal Ministero della Salute Pubblica di Cuba per autofinanziare i servizi di salute dell’isola.Cuba ha circa 40.000 cooperanti sanitari in 58 paesi del Terzo Mondo. Nella maggior parte, Cuba copre totalmente i costi e i salari. Ma nel caso di nazioni che hanno delle risorse, come il Venezuela, il Sudafrica, il Qatar o il Brasile, esistono accordi di controprestazione economica che servono, per esempio, a coprire i costi dei servizi sanitari, macchinari o acquisti di medicine per tutta la popolazione dell’isola.Le campagne di stampa contro la presenza medica cubana non sono una novità. In Venezuela, per esempio, i medici accusavano i cooperanti cubani di essere "agenti" o "spie". In Brasile, il messaggio centrale dell’attuale campagna di stampa è che sono "schiavi" del governo cubano, visto che destina ad altri fini sociali nell’Isola, una parte del compenso. Si tratta di un contrasto radicale di concetti ideologici: quello che difende uno stato socialista in un paese povero e bloccato come Cuba che, grazie alla formazione di migliaia di professionisti, sostiene un sistema di salute con entrate prodotte all’estero e, dall’altra parte, quello difeso dai mezzi di comunicazione e gli ordini dei medici brasiliani, che difendono le posizioni individualiste e non solidali dei pochi medici cubani che abbandonano l’assistenza a popolazioni vulnerabili, perché aspirano ad entrare nella selettiva classe medica latinoamericana.Torniamo allo show della dottoressa cubana. Vari mezzi di comunicazione sottolineavano che aveva chiesto asilo in Brasile. Ma si dimenticavano di chiarire dove: all’ambasciata degli Stati Uniti a Brasilia. E si dimenticavano anche di alludere a un elemento di informazione fondamentale per capire tutta questa faccenda: che la dottoressa si era appellata al così detto "Cuban Medical Professional Parole", programma dei Dipartimenti di Stato e della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti creato per accogliere come rifugiati politici i cooperanti medici di Cuba nel mondo, in qualunque ambasciata o consolato nordamericano. Questa iniziativa, insuperabile per immoralità, non è nemmeno ricordata dalla maggior parte dei media. Il portale della BBC in spagnolo, per esempio, diceva che la dottoressa "si è messa in contatto con l’ambasciata statunitense a Brasilia per (…) sollecitare un visto che Washington concede a medici cubani in terzi paesi". Ma neanche una parola sul programma citato, un vero scandalo etico.Il programma brasiliano "Mais medicos" è sostenuto –secondo un sondaggio realizzato a novembre- dal 84,3% della popolazione del paese, ed ha migliorato la popolarità della presidente Dilma Rousseff. Per questa ragione la destra brasiliana, gli ordini dei medici e la grande stampa cercano di screditarlo con ogni mezzo. I leaders del Partito Democratico, della destra brasiliana all’opposizione, si sono presentati davanti ai mezzi di informazione con questa dottoressa cubana e hanno fatto un appello al resto dei medici cubani affinché la imitassero. La stessa cosa hanno fatto vari ordini dei medici come l’Associazione Medica Brasiliana il cui presidente Florentino Cardoso, curiosamente, aveva qualificato come "scorie" i medici cubani qualche mese prima. Il quotidiano spagnolo El País ci ha messo del suo in questa campagna affermando che "La dottoressa mette in una posizione scomoda il governo di Dilma Rousseff", mentre il portale in spagnolo della BBC affermava che "La dottoressa cubana (…) è diventata un problema politico per il Brasile". Ma i dati smentiscono assolutamente qualunque propaganda. Il Ministro brasiliano della Salute, Arthur Chioro, dichiarava che gli scarsi abbandoni di medici cubani –due verso gli Stati Uniti, più altri 22 che hanno deciso di ritornare a Cuba – costituiscono una cifra "insignificante" rispetto al totale.I media insistono sulle condizioni salariali dei medici cubani e le paragonano a quelle dei loro omologhi brasiliani. Ma nel paragone fra i due paesi, dimenticano di spiegare perché il sistema capitalista in Brasile ha privato dei servizi di salute pubblica tanti milioni di persone che adesso devono essere curati da professionisti della salute socialista cubana. Il giornale spagnolo ABC scriveva che il Brasile ha appena 1,8 medici per ogni mille persone rispetto ai 4 della Spagna, per esempio. Ma dimenticava di ricordare il dato di Cuba che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute, offre la cifra più alta di tutto il mondo: 6,7 medici per ogni mille abitanti.Il giornale di Miami, El Nuevo Herald, segnalava con grande cinismo che il programma "Cuban Medical Professional Parole" del Governo degli Stati Uniti ha come obbiettivo "sabotare la diplomazia medica cubana" nel mondo. Il fatto è che, per questi media, sarà sempre molto più legittima e democratica la "diplomazia" dei blocchi, dei marines e delle invasioni con cui portare a ferro e a fuoco il progresso in tante parti del mondo.José Manzaneda
* América Latina Uruguay Murio el artista uruguayo Carlos Páez Vilaró Univision.com | Feb 24, 2014 | 5:55
Fue reconocido internacionalmente con varios galardones.El artista uruguayo Carlos Páez Vilaró, reconocido a nivel internacional por sus murales y la incesante búsqueda de su hijo tras un accidente aéreo en la cordillera de Los Andes, falleció este lunes a los 90 años en su casa en Uruguay, dijo su familia a medios locales.“Los restos del artista serán inhumados en el panteón de la gremial de autores uruguayos”Pintor, escultor y constructor, Páez Vilaró se volcó principalmente a la representación de la naturaleza y la comunidad afro-descendiente en América del Sur, luego de vivir varios años en África.El artista murió de un infarto en Casapueblo, una original casa-museo-taller modelada con sus propias manos sobre los acantilados en Punta Ballena, en el exclusivo balneario Punta del Este. Fue reconocido internacionalmente con varios galardones y uno de sus principales murales, "Raíces de la Paz", considerada la pintura subterránea más larga con 162 metros, que se encuentra en la sede de la Organización de Estados Americanos (OEA) en Washington, según indica Reuters."Uruguay, América y el mundo han perdido a un artista genial, que a partir de la universalidad del arte imprimió un aura personal e inconfundible a su obra", lamentó en un comunicado José Miguel Insulza, secretario general de la OEA, recordando a Páez Vilaró como un artista "genial" y "amigo" de la institución.El artista "es más que un referente para la ciudad y para el país. Se nos va alguien que dejó un legado que será difícil de empardar", comentó el alcalde de Punta del Este, Martín Laventure, al sitio Montevideo.com.
La incesante búsqueda de su hijo Páez Vilaró también es recordado por la búsqueda de su hijo tras un accidente en avión que sufrió el equipo de rugby del colegio Old Christians en 1972 cuando atravesaba la cordillera de Los Andes, con destino a Chile.El artista nunca dio por perdido a su hijo y fue uno de los padres que insistió en continuar buscando a los muchachos desparecidos en la montaña, a pesar de que la búsqueda oficial por parte de las autoridades había sido abandonada.Finalmente y tras 72 días, el hijo del pintor fue uno de los 16 jóvenes que apareció con vida. El caso, conocido como el "milagro de los Andes", ha sido contado en libros y películas de cine.A su obra se suman extensas pinturas en hospitales en Chile y Argentina, así como en los aeropuertos de Panamá y Haití.Tras ser homenajeado en el Parlamento en agosto de 2013, el artista se definió como un "hacedor" de cosas."He sido un intento: intenté la cerámica sin ser alfarero, intenté la construcción sin ser arquitecto, intenté la pintura sin maestros, intenté la música haciendo candombe pero sin ser compositor. Soy un hacedor", aseguró entonces.
Se ne va Juan Gelman
,gennaio 16, 2014Il 2014 ci porta la notizia di un’altra, irreparabile perdita per la poesia latinoamericana: il grande poeta argentino Juan Gelman è morto nella sua casa di Città del Messico a 83 anni. Julio Cortázar che lo ammirava, consigliava di entrare nei suoi versi come se si entrasse in un sentiero "seguendone le curve e le salite, fermandosi dove la strada sembra esitare agli incroci e riprendendo il cammino proprio come lo riannoda ciascuna poesia ricollegandosi a quella precedente"; perché la sua vasta opera poetica è tutto un interrogare la poesia e interrogarsi sulla poesia, con la convinzione che essa sia lo strumento insostituibile per scavare nella memoria, un dovere, questo, dal quale non si può esimere, come non può esimersi dal perseguitare l’ingiustizia, affrontare a viso aperto la paura, scoprire i nervi della coscienza con domande perturbanti e necessarie. Le parole di cui si è servito Gelman sono "attive e operanti", secondo Cortázar, e suscitano nuovi sensi, senza indulgere alla speranza e alla pietà. Un malinteso generalizzato ha etichettato la sua come "poesia política", eppure Gelman, nel bel discorso pronunciato quando ha ricevuto il Premio Reina Sofia ha detto: "[La poesia] va alla realtà e la fa diventare altra. Aspetta il miracolo, ma soprattutto cerca la materia che lo fa. Nomina ciò che l’ aspettava nascosto nel fondo dei tempi ed è memoria di quel che non è successo ancora. Solo in ciò che è sconosciuto canta la poesia. Che accetta lo spessore della tragedia umana, che non obbedisce al principio di realtà ma all’ordine del desiderio. Si scontra con i limiti della lingua e va oltre nell’intento di rispondere al richiamo di un amore che non cessa." In Italia si può leggere di lui Gotán e altre poesie, Guanda, 1980.
Luis Sepúlveda, celebrando nel 2008 l’attribuzione del premio Cervantes al poeta argentino, ne scriveva un sintetico ed esatto epitaffio: "Sono molte le cose, i temi e i tanghi che mi uniscono a Juan Gelman [...] Lo amo e lo ammiro per la sua rabbia tenace, costante, senza quartiere contro tutto quel che puzza di autoritarismo, di uniformi, di mediocrità bugiarda. Lo amo e lo ammiro per la sua infinita tenerezza di uomo che ha perso quanto di più amato, suo figlio, sua nuora incinta nei labirinti dell’orrore dittatoriale, e questa stessa tenerezza gli ha dato il vigore per continuare a lottare fino a riuscire a recuperare la nipote "desaparecida", fino a che l’amore è stato di nuovo abbraccio e speranza". In quella stessa occasione, scrivendo per Le Monde Diplomatique, lo scrittore cileno ricordava di aver incontrato Gelman a Piacenza, quando "Carovane", la rassegna culturale che Gianni Minà organizzava in quella città, aveva insignito il poeta argentino del Premio intitolato a Nicolás Guillén e che in precedenza avevano ricevuto Roberto Fernández Retamar, Carmen Yáñez, Mario Benedetti ed Ernesto Cardenal.
Militante comunista, poi montonero, alla fine esiliato e distante dagli uni e dagli altri, esiliato dalla dittatura militare, agita in Europa la coscienza di chi non sa o non vuole sapere cosa accade in Argentina. Fra i tanti, anche suo figlio e sua nuora vengono prelevati, torturati, desaparecidos. Torna clandestinamente in Argentina, nel 1978, per documentarne gli orrori. E’ un giornalista di gran razza e riesce a scuotere l’interesse di Olof Palme e di Mitterand ma non perdona al Cardinale Bergoglio il men che tiepido interessamento della Curia argentina. Pur potendo tornare in Argentina, indultato dal Presidente Menem, Gelman resterà in Messico fino alla morte, ma da lì combatterà la sua battaglia per sapere dove e come sono morti suo figlio Marcelo e la nuora María Claudia e soprattutto per ritrovare la nipote Macarena, nata in cattività in Uruguay, grazie al sinistro accordo fra stati dittatoriali noto come Plan Cóndor, e data in adozione. Dopo 23 anni di ricerca, nonno e nipote si sono ritrovati. La morte –e il suo vizio del fumo- gli hanno dato il tempo di vedere questo miracolo. Sarà stato sufficiente a lenire le sue inumane sofferenze?
La morte di Gelman ha avuto una grande ripercussione in America Latina sia per la grandezza del poeta che per il suo coraggio e la sua etica. Fra i molti omaggi, ho scelto di tradurre l’addio che gli hanno rivolto su Página 12, il quotidiano di cui era editorialista, gli H.I.J.O.S., l’associazione argentina dei figli dei desaparecidos che hanno combattuto e combattono affinché emerga la verità su tutte le atrocità commesse durante la dittatura militare, compresa la ricerca di tutti i figli di desaparecidos sottratti alle loro madri, poi fatte scomparire, e dati in adozione:
"Ecco che se ne va Juan, forse a una riunione con Rodolfo [Walsh], con Paco [Urondo] e con tanti altri compagni. Ecco che se ne va Juan, a raccontare a quei 30.000 che ha potuto trovare sua nipote Macarena. Se ne va Juan a raccontare ai suoi figli, Marcelo e Nora, e a sua nuora María Claudia, come è Macarena, come è quella vita che non sono riusciti ad uccidere. Se ne va Juan, in quel tempo dei passi eterni, per raccontare ai nostri padri e alle nostre madri che tutti loro sono sempre vivi nelle nostre lotte.
Se ne va il compagno, il nostro padrino, il nostro poeta a continuare a regalare parole al mondo, a continuare a guardare con occhi di dolore e di speranza. Se ne va Juan Gelman: nel posto più giusto in cui possa andare un uomo come lui. Come ogni compagno, come ogni uomo impegnato e solidale, se ne va per restare per sempre in questa terra che non trema di paura per il popolo, ma per il timore dei traditori di tanti figli della rivoluzione".
Articolo di Alessandra Riccio
Un papa que sonríe, que da las buenas tardes, que hace una broma apenas unos minutos después de recibir sobre sus hombros el peso entero de una Iglesia lastimada, que pide la bendición antes de darla, que es jesuita como tantos otros que consiguieron hacer caminar de la mano la fe y el conocimiento, que vivía en un apartamento en vez de en un palacio cardenalicio y se montaba en el transporte público para ir a confortar a los enfermos y a los pobres, un papa que hace ocho años pudo serlo y dijo que pase de mí este cáliz, un papa que viene del nuevo mundo, que tiene cara de buena persona y que elige el sencillo nombre de Francisco es una oportunidad a la esperanza.
Una agenda apretada
El nuevo Papa tenía previsto pasar la noche en la Casa Santa Marta, donde residen los cardenales durante el cónclave, y este jueves por la mañana realizar una visita privada la basílica romana de Santa María la Mayor. Por la tarde, a las cinco, celebrará una misa en la capilla Sixtina con los otros 114 electores. El cardenal Dolan ha señalado que este mismo jueves visitará al papa emérito Benedicto XVI en Castel Gandolfo.
El viernes recibirá al colegio cardenalicio en el Vaticano y el sábado se reunirá con la prensa. El papa Francisco rezará el Ángelus el domingo desde la ventanade su apartamento papal. La misa de inauguración del pontificado será el día 19.
Para los católicos y para quienes, desde la orilla de la duda o del descreimiento absoluto, desean que la Iglesia abra las ventanas y se dedique, de una vez, a remar al lado de los hombres, solo el tiempo dirá si, efectivamente, el argentino Jorge Mario Bergoglio, de 76 años, es el papa que estaba esperando el mundo, pero el miércoles por la noche, frente a Roma rezando por él en silencio, logró ganarse su oportunidad.
Hace solo dos días, cuando los cardenales, con toda la pompa y el boato de que es capaz el Vaticano, fueron entrando en la Capilla Sixtina y jurando sobre los Evangelios, no había mucho que celebrar. Las quinielas decían que para sustituir a Benedicto XVI —el papa teólogo que no pudo con las intrigas de la Iglesia— habría una pugna muy cerrada entre un cardenal italiano representante del poder y del dinero y un brasileño preferido por la curia. La única y débil esperanza era que tal vez ese cardenal estadounidense con cara de simpático y sandalias de franciscano consiguiera engatusar al Espíritu Santo. Después de Juan Pablo II, el pontífice carismático que encubrió a Marcial Maciel y sus vicios, y del fallido Benedicto XVI, la Iglesia golpeada por los escándalos del poder y del dinero necesitaba un revulsivo, pero esa procesión de hombres ancianos vestidos de púrpura no era una llamada a la ilusión. Sin embargo, este miércoles por la noche, cuando los restos del humo blanco aún vagaban por la orilla del Tíber, todas las campañas de Roma se pusieron a sonar y se abrieron por fin las cortinas del Vaticano, la sorpresa estaba allí.
El Papa —que solo tiene
un pulmón, ya que perdió el otro a causa de una
infección infantil— sonreía. Parecía tranquilo.
Habló tranquilo. Lo primero que hizo fue dar las
buenas tardes.
Lo segundo, gastar una broma: “Queridos
hermanos y hermanas. Sabéis que el papa es
obispo de Roma. Me parece que mis hermanos
cardenales han ido a encontrarlo casi al fin del
mundo. Pero estamos aquí, y os agradezco la
acogida”. Ya en ese momento, Jorge Mario
Bergoglio, que será Papa bajo el nombre de
Francisco, se había ganado a la parroquia. A la
suya y a la ajena. A la suya porque estaba aquí,
sobre la plaza de San Pedro, saltando de alegría,
y a la ajena porque bastaba un vistazo rápido a
Twitter para comprobar que muchos de los que
hasta hacía un momento bromeaban sobre la
relativa importancia del nombre del nuevo Papa
—“será un varón, anciano y tal vez católico”— se
quedaban impactados ante las buenas maneras, de
párroco de
pueblo más que de Sumo Pontífice,
del argentino. El primer latinoamericano, el
primer jesuita, el primer Francisco.
marzo 2013
Ernesto Sabato, l’ultimo eroe
Arte, scrittura, ma anche impegno: le indagini sui desaparecidos. L’autore argentino, di origini italiane, avrebbe compiuto 100 anni a giugno. Il rapporto con Borges
È morto mentre si preparava ai festeggiamenti
per i suoi cent’anni (era nato a Rojas il 24 giugno
del 1911). Da tempo Ernesto Sabato s’era isolato
nella sua casa di Santos Lugares (periferia di
Buenos Aires), colpito severamente dalla malattia.
Ripensava certo alla sua gioventù, alla laurea in
fisica a La Plata, al suo lavoro presso la
Fondazione Curie a Parigi, alla borsa di studio al
MIT di Boston, e alla ricerca sui raggi cosmici; e
poi alle sue prime simpatie per gli anarchici, e
alla virata verso la letteratura, ai suoi libri,
pochi ma talora imponenti, come Sopra eroi e
tombe (1961), il capolavoro, o come L’angelo
dell’abisso (1974) - meno voluminoso Il
Tunnel (1948); e a quelli che facevano corona
attorno, di critica, di riflessione (magnifiche le
pagine sul tango), di ricordi, come Prima della
fine (1998). Rievocava certo gli anni angosciosi
trascorsi a indagare sui «desaparecidos», nella
Commissione nazionale che lo aveva avuto presidente,
dopo il ritorno dell’Argentina alla democrazia, e la
stesura della relazione finale (pubblicata con il
titolo Nunca más «mai più»). Tutti gli occhi
del paese erano stati fissi su di lui, mentre le
madri e le vedove dei «desaparecidos» facevano le
loro ultime manifestazioni. In quei momenti, si era
persino ammutolita la proverbiale, approssimativa
leggenda di una sua rivalità con l’altro grande
scrittore argentino, Borges, leggenda che ora si
ripresenta, addirittura in queste prime ore di lutto
(alludo a un articolo su «La Voz»).
Le vicende biografiche rispecchiano la vastità e varietà degli interessi di Sabato, che non sopportava di essere definito soltanto scrittore. Ricordo un nostro incontro a Washington, in cui mi espresse il suo scetticismo sul mito del progresso, citandomi, con esatta informazione, gli orrori del Medio Oriente e della Bosnia, il traffico di bambini latinoamericani, i disastri prodotti dalla globalizzazione; conosceva le statistiche sulla fame nel mondo, e si domandava se il neoliberalismo dominante sia in grado di migliorare qualcosa. Nei suoi scritti di attualità prevaleva un atteggiamento razionale, tanto razionale da sfociare nello scetticismo; ma in quelli narrativi la ragione si confrontava sempre con l’irrazionale, che pareva anzi un possibile vincitore.
Specialmente in Sopra eroi e tombe, Sabato ha inventato un antimondo sotterraneo, ostile al nostro mondo: una luminosa Buenos Aires, descritta con partecipe realismo, cela una vita sotterranea, che si svolge in caverne, pozzi, grotte, fognature, tane di mostri. L’antimondo manda oscuri messaggi, tramite creature diaboliche, spesso ciechi, visti come una setta esiziale, impegnata a scalzare la nostra ragione. Ecco insomma il Male. Sabato mette in movimento una fantasia costruttiva, che si rivela in un progetto rigoroso; ma il mondo delle tenebre, agìto da una diversa fantasia, pare voler comunicare con noi tramite magia, telepatia, messaggi enigmatici. Anche questi contengono delle verità, dato che spingono a una discesa verso le Madri, una discesa al termine della quale i tunnel e le caverne finiscono per sostituire simbolicamente l’utero. Una sessualità primigenia attira e confonde gli uomini della luce, tanto che l’incesto è la molla dei personaggi principali, attori di incesti verticali (genitori-figli) e orizzontali (fratelli), e il detonatore della tragedia finale. Ma il male non è solo registrato e censito. C’è anche, nel romanzo, una decisa apertura alla storia, presente e passata, della nazione. Il mitico generale Lavalle, vinto in una delle numerose guerre d’indipendenza dell’Argentina, compie un’epica ritirata con i suoi fedeli per sottrarsi alle truppe dei governativi; una ritirata che continuerà anche dopo la sua morte, perché le truppe di Lavalle proseguiranno, portando con loro il suo cadavere. E la lotta per la libertà che Lavalle incarnava nel passato, nel mondo contemporaneo viene da Sabato simboleggiata in Che Guevara (anch’egli argentino, si ricordi), di cui ricostruisce, con una polifonia di testimonianze, la cattura e l’assassinio.
Lo sforzo di Sabato è quello di trovare un senso alle cose. Anche il protagonista del Tunnel, Castel, vede il mondo ricomporsi e riordinarsi nel momento in cui l’amante María focalizza un particolare di un suo quadro sfuggito a tutti. Quando però la sua lucida paranoia lo porterà a uccidere María, di cui ha scoperto segreti dolorosi, ma anche fantasticato turpi moventi, il mondo ripiomberà nel caos. La ricerca del senso passa attraverso la creazione di uno stile realista e fantastico insieme. Sabato lo aveva anche asserito in termini generali: è l’arte stessa che attua la sintesi di realismo e fantasia, perché «in lei si coniugano tutte le facoltà dello spirito umano, essendo essa un regno intermedio fra il sogno e la realtà, fra l’inconscio e il conscio, tra sensibilità e intelligenza».
Cesare Segre
03 maggio 2011(ultima
modifica: 04 maggio 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA